Naturaid Marocco Desert 2019.
Un ultimo sentito ringraziamento a tutti i partecipanti e a tutti quelli che si sono sentiti dei Naturaider seguendo e tifando in questo particolare evento che ti catapulta in un passato ancora presente.
Ringrazio tutti voi per aver accettato e partecipato a questa nuova sfida ricca di incognite anche per me.
È stato bello vedere il vostro entusiasmo con i vostri dubbi quando siete partiti, ma ancora più bello ed emozionante vedervi tornare dopo aver vissuto in questo sogno avventuroso con gli occhi carichi di emozione ed ascoltare i vostri racconti.
Questo è stato un evento molto speciale anche per me.
E stato un bellissimo sogno in un luogo nuovo, abituato alle montagne ora mi tuffavo nella sabbia, devo dirvi la verità, molte erano le incertezze ed ero emozionato come la prima volta che proponevo questa sfida nel lontano 2004, quando ancora non esisteva nulla in Europa...allora non erano diffusi i GPS ma si usavano solamente Road Book.
Siete stati magnifici, siete i miei "ragazzi"
Bravi tutti... promossi.
La vita è un'avventura ma anche un Cin Cin
Vi aspetto alla prossima Battaglia Bottiglia Bottarga
Grazie a tutti, Mauri
MAN DEMURO:
Ormai rientrato alla base riascolto la soundtrack di questa impresa mentre le immagini continuano a scorrere nella mia mente... scenari infiniti, rudi, notti fredde e stellate, giorni afosi, sapori e odori di un altro mondo, genti calorose e accoglienti..
ancora non mi sento certo di aver metabolizzato appieno e del tutto questa immensa avventura ma sono certo sia scattato qualcosa in me.
Nonostante le molte difficoltà, soprattutto quelle iniziali, sono riuscito ad andare avanti e chiudere l'anello da 700 km, percorsi per lunga parte in solitudine tra deserto,montagne, villaggi, viaggiando notte e giorno. Sono perlomeno riuscito nell'intento iniziale, quello di spingere il mio corpo e la mia mente ulteriormente oltre i miei limiti e mi sento molto fiero di questo! Un ringraziamento dal profondo al patron Maurizio, persona dal grande carisma e grande trascinatore, un ringraziamento specifico ad Alessandro, se sono riuscito a portare a casa questo risultato è anche merito suo! Antonio, il maestro, coi suoi consigli ed incoraggiamenti ha fatto tanto! È stato un piacere condividere tutto ciò coi nuovi amici e compagni d'avventura Sami,Reto,Serge,Valter,Tiziano, Mirko,Stefano,Luca,Marco, Filippo ed i nuovi berberi Checco e Jarno!
Ultimo ma non ultimo da menzionare, autista e coordinatore dei preparativi Christian!
Ora anche io mi sento un Naturaider e da tale inizio a chiedermi dove mi porterà la prossima avventura...
ANTONIO MARINO:
Questo è per me il secondo Naturaid in Marocco, il primo è stato 2 anni fa nel 2017 con diversi amici che ho piacevolmente rincontrato quest’anno, altre esperienze le ho fatte con viaggi nel 2009 e 2010, sempre organizzati da Maurizio e sempre in bici, poi altre 2 volte sono stato qualche settimana in Marocco per lavoro, ricerche geo-minerarie per conto della società dove lavoravo. Insomma il Marocco non mi è del tutto sconosciuto e tuttavia il fascino e l’attrazione verso questo paese è sempre fortissimo, pertanto non c’è voluto molto per decidere di essere presente anche quest'anno, oltretutto devo dire che un trail nel deserto ancora mi mancava, almeno nel senso più esteso delle sue tipologie. E questa volta lo abbiamo attraversato in tutte le sue caratteristiche:
• Pietroso dal suo colore nero e cupo, inquietante e affascinante, con le sue rocce vulcaniche che ti toglievano il respiro se lo affrontavi sotto il sole, spesso difficile da pedalare per il fondo sconnesso;
• Sabbioso con i suoi colori giallo oro, bello, vario e ipnotico, con le sue dune, allo stesso tempo terribile perché spesso da affrontare a piedi, a volte per brevi tratti, a volte per chilometri;
• Salato ovvero un ex lago salato piatto come un campo da calcio ma esteso per decine di chilometri. Era quello più atteso, ben pedalabile dove l’unico ostacolo poteva essere il vento contro.
Ma torniamo all’inizio.
Arriviamo a Marrakech con una parte del gruppo col quale abbiamo preso l’aereo da Bergamo, tra questi Alessandro, Man e Maurizio (ormai naturalizzato sardo) dalla Sardegna che insieme a me faremo i 4 mori in terra d'Africa :) Qualcun altro lo incontriamo all’arrivo in aeroporto. Dobbiamo passare una notte a Marrakech e l’indomani mattina trasferimento a Agdz, base di partenza e arrivo della nostra avventura. Sistemati gli scatoloni con le bici sul camion, ci trasferiamo il hotel in città, non disponiamo di tanto tempo ma riusciamo a concederci un buona cena iniziando a conoscerci e a prendere confidenza con le pietanze locali: Tajne, Cuscus, Soupe, Tè alla menta e Omelette. Purtroppo durante il trail, quest’ultima la farà da padrona, sigh!
Non c’è modo migliore di fare conoscenza con i nuovi amici se non seduti ad un tavolo e il vecchio Mauri questo lo sa bene, va bene la Battaglia ma senza un Cin Cin non c’è storia!
Arriviamo al nostro Hotel ad Agdz, qui troviamo anche Sami e Reto, i nostri amici Svizzeri che ci hanno preceduto di qualche giorno facendo qualche giro di ambientamento.
Rimontate e allestite le nostre bici con borse e attrezzatura, la giornata pre-partenza vola veloce.
GIORNO 1
La sveglia suona molto presto. Alle 4.30 siamo già in piedi, alle 5.00 colazione abbondante e alle 6.00 in punto Maurizio grida il suo Viaaaaa!!! Tante luci si disperdono nel buio della notte in fila indiana e senza fretta, qui siamo 1h avanti rispetto a noi anche se grazie a l'ora legale le lancette dell'orologio sono rimaste uguali. Si chiacchiera e si scherza ma ben presto lasciamo l'asfalto e iniziano le prime salite e il gruppo inizia a sfaldarsi. Io sto bene, imposto un mio passo e mi ritrovo davanti con Valter che ha messo subito il turbo imponendo un buon ritmo. Ma poi piccole fermate, piccoli errori di percorso e ci si incrocia continuamente con gli altri facendoci capire che in 1.000 km tutto può accadere, difatti nei primi 100 km siamo più o meno tutti ancora abbastanza vicini.
Al km 150 prima sosta per mangiare nel primo bar che incontriamo sulla strada, siamo con Valter e collaudiamo la prima omelette berbera (uova e pomodori strapazzati), che è la cosa più veloce che possano preparare. Dopo pochi minuti arriva Serge e Mirko che si fermano anche loro a mangiare mentre Sami e Reto proseguono avanti. Valter riparte quasi subito, io resto qualche minuto in più per ricaricare il gps e anche a me. Riparto con Mirko e facciamo qualche km assieme sino al villaggio al 160° km, che segna l'inizio della pista sul primo vero deserto che affronteremo. Intravediamo Sami e Reto fermi che probabilmente stanno facendo rifornimento d'acqua. Ben presto con Mirko ci perdiamo di vista a causa di piccoli errori seguendo la pista, non riesco neppure a capire se fosse avanti o indietro. Ben presto il caldo si fa sentire e mi accorgo di aver sbagliato i miei calcoli sulla riserva d'acqua. Il Camel da 3 L presto lo trovo vuoto, pensavo di averne invece avevo fatto male i calcoli, forse avevo ancora 1 litro e avrei dovuto riempirlo al villaggio. Mi restava 1/2 borraccia da 0,5 L, praticamente niente. A qualche km c'è un pozzo vicino a un campo di nomadi. Ci arrivo, calo il secchio ma l'acqua ha uno strano colore giallo-torbido, non è il caso neppure di assaggiarla, non penso di avere gli anticorpi da combattere una dissenteria in questi giorni. Intanto arrivano Sami e Reto che mi salutano e passano avanti. Io proseguo cercando di centellinare i sorsi dalla borraccia, giusto bagnarmi le labbra e far finta di aver bevuto. Il caldo diventa insopportabile e inizio a ricercare ogni punto d'ombra presente lungo il percorso, le poche piante d'acacia (rischiando le sue lunghe spine presenti sul terreno), addirittura il piccolo cono d'ombra degli omini di pietre alti poco più di 1 m che segnavano la pista, faccio delle soste di qualche minuto per riprendermi e poi riparto. Avanzavo lentamente, il percorso da pietroso è passato a un fondo piano, sono in un ex lago salato, si pedala meglio ma i ripari dal sole sono una rarità. Contavo i minuti per vedere scomparire il sole al tramonto, un supplizio di cui avrei fatto volentieri a meno ma me ne assumevo totalmente la colpa. Finalmente, verso le 18, il sole è tramontato e almeno il supplizio del caldo è terminato... ma non la sete! Arriva l'ultimo sorso d'acqua, era solo un pò di umidità sulle labbra ma cercavo di lavorare di fantasia. Incontro il primo controllo dei militari, siamo non distanti dal confine algerino e qui ancora ci sono diversi punti presidiati. Chiedo dell'acqua e gentilmente mi dicono che anche loro hanno un pozzo garantendomi che l'acqua è buona e loro la bevono. Nonostante la sete rinuncio, non mi fido, so che può essere un grosso rischio, ringrazio e vado avanti. Guardo la mappa sul gps, vedo che a circa 6 km era indicato un Hotel, è il mio miraggio da raggiungere... ormai ad ogni pedalata conto i metri che mancano. Ci arrivo verso le 19, sono a 230 km percorsi, 70 km di deserto. Mi accoglie una gentile signora francese che poi mi ha detto essere amica del titolare e che nella sua vacanza in Marocco gli dava una mano nel gestire l'Hotel. Trovare qualcuno che parla bene il francese, nonostante sia ancora lingua nazionale in Marocco, è stato una rarità in tutta la nostra avventura. Tra il popolo berbero dell'interno è quasi una lingua sconosciuta, puoi trovare qualcuno che lo parla solo se ha a che fare con turisti o ha un pò di scolarizzazione, comunque per me non ci sono stati grandi problemi, si raggiungeva ugualmente lo scopo integrando con la comunicazione gestuale. La signora mi dice che erano passati 4 bikers ed erano appena ripartiti un italiano e due svizzeri, erano Valter Mirko Sami e Reto, scopro cosi che Mirko era davanti a me e che, a parte Valter che aveva preso il largo, gli altri eravamo tutti ancora abbastanza vicini. Come sono arrivato non riuscivo quasi a parlare, avevo la gola secca e mi sentivo davvero debilitato. Bevo, mangio la solita omelette, un pò di frutta e mi distendo un'oretta per riprendermi, non dormo ma riesco a riposarmi. Bevo un tè alla menta e faccio la scorta d'acqua, stavolta ho la certezza di aver riempito i miei 3,5 L! Alle 21 saluto e riparto.
La temperatura è cambiata, la notte il deserto passa dall'estate all'inverno con uno sbalzo termico di 30-35°, e anche io mi vesto per gestire il freddo della notte. Percorro ancora una 70 ina di km, sono in un tratto sabbioso dove la progressione è difficile e faticosa, spessissimo procedo a piedi per la presenza di dune lungo la pista e le luci non riescono a farmi vedere lateralmente se sono presenti punti migliori. Alle 3.30' decido di fare una sosta e riposarmi, con le luci del mattino forse sarei riuscito a rendermi meglio conto del luogo e magari procedere più velocemente. Mi metto lateralmente alla pista, cerco una morbida duna di sabbia, stendo il telo, tiro il sacco a pelo, mi do un pseudo pulita con dei fazzoletti e mi butto dentro. Nonostante il sacco in piume sia uno 0°, il freddo che arriva dal terreno non mi fa dormire, riesco comunque a riposarmi. Durante la notte sento il passaggio di qualcuno, non ci faccio caso e non ha importanza al momento. Resisto sino alle 5.30' poi il freddo mi convince a rimettermi in cammino.
GIORNO 2
Alle 6.00, ancora buio, sto nuovamente spingendo la bici. L'alba arriva lentamente e lo scenario che mi appare agli occhi è magnifico. Sono circondato da dune di sabbia dai colori fantastici. Purtroppo la progressione non cambia, la sabbia è dovunque e si procede prevalentemente spingendo la bici. Ad un certo punto sento un urlo e da dietro una duna mi compare Maurizio con la sua macchina fotografica... pazzesco, aveva dormito anche lui nel deserto per sorprenderci con i suoi video durante la nostra battaglia. Mitico!!!
Aveva fatto lo stesso poco prima con Alessandro, eco chi era passato la notte mentre ero coricato, ma non aveva beccato gli altri avanti. Andiamo assieme sino alla vicina cittadina di M'Hamid el Ghiziane dove facciamo colazione. E' un piacere vedere Maurizio che si diverte come un bambino ma nel contempo riesce ad avere tutto sotto controllo. Una bella colazione era quello che ci voleva. Saluto Maurizio e mi rimetto in moto. Sono carico, fortunatamente mi sono ripreso dalla sera prima, adesso l'acqua la terrò sempre sotto stretta osservazione. C'è ora un bel tratto in asfalto e mi impongo di tenere un buon ritmo. Incontro anche un gruppo di turisti ciclisti in bici da strada con macchine d'appoggio al seguito super organizzati. Vanno a Zagorà, scambiamo quattro chiacchiere ma poi il mio ritmo è superiore al loro, gli saluto e vado avanti. Si prosegue su asfalto sino alla cittadina di Tagounite per poi svoltare decisamente a est su sterrata. Si attraversano diversi piccoli villaggi con diversi orti e palmeti, i bambini sono i primi che si accorgono della tua presenza e ti accompagnano urlando e correndo con te. Presto si ritorna al suolo desertico, pietroso stavolta, anche le strade, anche se ben tenute, sono spesso sconnesse per le troppe pietre. Iniziamo a prendere confidenza con piccoli sentieri laterali alla strada, non sempre visibili e marcati, spesso poco più larghi della ruota ma ben puliti e scorrevoli, tracciati per il passaggio delle motorette in modo da evitare lo sterrato pietroso o con le terribili ondulè prodotte dal passaggio delle auto. Ci sono quasi sempre e per noi (e il nostro fondoschiena) sono come la manna! Ancora un controllo militare, sempre molto gentili, mi informano che sono passati altri 4 bikers prima, l'ultimo meno di 10'. E' sicuramente Alessandro penso. Superata una dura e pietrosa salita che ha permesso di superare un promontorio, in prossimità di un pozzo ai 370 km incontro Alessandro. E' abbastanza provato, ha pedalato tutta la notte facendo una grande rimonta. L'acqua del pozzo, anche se apparentemente chiara, la usiamo solo per rinfrescarci, il sole ormai picchia forte e fa piacere anche se è solo un ristoro momentaneo. Ripartiamo assieme per affrontare alcune salite pietrose e per arrivare al primo piccolo villaggio. Io, leggermente avanti mi informo se è possibile trovare qualcosa da mangiare. Una giovane ragazza, ma con già al seguito alcuni bambini, gentilmente mi accompagna presso un'altra casa di fango, esce il giovane titolare e subito la ragazza saluta e si allontana. Intanto arriva anche Alessandro e il giovane, che poi scopro si chiama Zaid, ci conduce in una piccola stanza che funge da pseudo negozio. Non può offrire molto Alessandro si accontenta di una coca cola e decide di ripartire, io invece accetto l'invito di Zaid e prendo una scatoletta di tonno e una di sardine. Mi porta a casa sua dove l'ambiente è leggermente più ospitale: una stanza un tappeto e un basso tavolino. Mi offre un buon tè alla menta e del pane caldo appena fatto dalla moglie. Con il tonno inizio a mangiare e visto che il tipo masticava un pò di francese, inizia una lunga conversazione. Scopro che è un produttore di angurie, impensabile in mezzo al deserto, mi fa vedere le foto del suo raccolto e quelle di un grosso camion pieno di angurie, dice "queste vanno in Europa ma qui non le pagano niente". La conversazione continua interessante per entrambi, vuole alla fine il mio numero di telefono perché vorrebbe scrivermi con whatsapp e mandarmi delle foto. Mi fa conoscere la sua famiglia e vuole che faccia delle foto con lui e suo figlio, un bambino affettuosissimo. Avrei continuato volentieri, quella semplicità, gentilezza ed entusiasmo mi avevano preso, ma devo continuare il mio percorso. Non vuole soldi, devo insistere per fargli prendere qualcosa e gli accetta solo dopo che gli dico che sono per il bambino. Mi saluta e mi raccomanda di ritornare a trovarlo e di sentirci con la chat.
Il percorso prosegue lungo strade sterrate ben tenute, piccoli villaggi, case isolate, qualche piccola area coltivata. C'è anche un ulteriore controllo militare ma non vedendo nessuno fuori stavolta faccio finta di niente e passo oltre.
Arrivo in una zona dove stanno allargando e asfaltando le strade, e di tali lavori ne incontriamo un pò dappertutto. Il Marocco sta rapidamente cambiando e migliorando tantissimo per quanto riguarda infrastrutture, scolarizzazione e qualità della vita, questo grazie all'attuale re molto attento al suo popolo e da questi molto benvoluto. Nei miei viaggi in questa terra, dal 2009 a oggi ho potuto vedere un paese completamente diverso e in continua evoluzione.
Ai 440 km arrivo a una strada asfaltata, un pò di sollievo per il fondo schiena ma anche per il ginocchio dx che inizia a farmi male e così anche il piede. Ormai è di nuovo buio, sono le 20.00 e mi fermo a un Bar sulla strada per fare rifornimento d'acqua e mangiare qualcosa che ho con me. Riparto. Il ginocchio continua a farmi male, il piede fortunatamente riesco a gestirlo sganciando il pedale e usando la parte flat scaricando in un punto diverso dall'aggancio (nei trail ho fatto la scelta di un doppio pedale spd/flat proprio per questo).
Arrivo a Oum-Jrane, il villaggio che segna il punto del taglio al giro corto da 700 km. Da qui inizia una nuova pista nel deserto, i primi km pedalo bene, i dolori riesco a gestirli e non sono stanco ne ho sonno, sono ottimista... ma dura poco. Quella che inizialmente sembrava una brezza diventa vento che continua a rinforzare. Sono circa mezzanotte e il vento diventa bufera, è una tempesta di sabbia, sabbia finissima che ti entra dappertutto. Mi copro il viso e le vie respiratorie con un buff, gli occhiali più o meno mi riparano gli occhi, cerco di avanzare. Mancano circa 15 km al primo riparo, un Riad. Non sarà facile perché oltre la bufera ci si mette anche la sabbia sulla pista, inizia una zona di dune e questo significa scendere e spingere la bici. Provo a pedalare dove si può, nonostante tutto ho energia e sono sereno, i pensieri volano e penso a tutte le emozioni che mi sta dando questa avventura, ora anche la tempesta di sabbia, fantastico!
Con un attimo di lucidità ragiono e mi dico: forse non sono normale, come faccio a gioire in questa situazione, in mezzo a una tempesta di sabbia, dolorante, solo al buio in mezzo al nulla! Non ho risposta o forse preferisco non averla.
Il vento laterale mi fa perdere diverse volte l'equilibrio, una volta cado, per fortuna sulla sabbia ma lentamente vado avanti. Nel buio della tempesta ad un certo punto vedo una fiocca luce, la raggiungo, è Alessandro vestito da beduino, tutto coperto. E' stanco ancora non si è fermato dalla partenza. Scambiamo due parole sorridiamo per la situazione e procediamo assieme, lentamente. Finalmente arriviamo al Riad, un fortino con le sue mura in fango in mezzo alla sabbia del deserto. Sono le 2.30, il vento è calato leggermente ma resta sempre forte, io sento la stanchezza e decido di fermarmi. Entriamo nel cortile interno e qui il vento fischia tra le mura in uno scenario quasi irreale ma rappresenta per noi una certezza, la salvezza. Non c'è nessuno e nessuno si è accorto di noi e delle nostre luci. Mi avvicino ai vari ingressi, alcuni sono camere, c'è un letto e un asciugamano sopra, in uno non c'è la porta, all'interno alcune persone dormono, devono essere i proprietari. Illumino l'interno con la luce ma niente, nessuna reazione, il vento probabilmente concilia il sonno, non me la sento di svegliarli a quell'ora. Alessandro dice che vuole continuare e raggiungere un villaggio che dista 13 km, è il suo obbiettivo, li ci sono anche i suoi due simpaticissimi amici Checco e Jarno, altri due sardi di Terralba che stanno facendo parte del nostro percorso in auto e si incrociano spesso con noi e con Maurizio. Cerco di dissuaderlo ma non c'è verso, forse non ricorda che in quel pezzo è stata indicata "sabbia" e questo vuol dire spingere la bici, ci salutiamo e parte nel buio della notte. Poi scopro che è arrivato al villaggio stravolto verso le 5.30 del mattino.
Io apro una porta e mi butto dentro, domani al mattino cercherò di spiegarmi con i titolari. Non c'è la luce ma per fortuna l'illuminazione non mi manca. C'è un bagno, c'è l'acqua, c'è una doccia. L'acqua è fredda come è freddo l'ambiente. La voglia di lavarmi dopo due giorni è però più forte del freddo e l'occasione è troppo ghiotta. Dopo la doccia mi butto sotto le coperte, c'è sabbia dappertutto che la tempesta ha fatto entrare all'interno, anche sotto le lenzuola, nonostante non abbia mangiato, non ho fame, il sonno prevale su tutto, sono ormai le 4.00 del mattino.
GIORNO 3
Alle 7.30 sono già operativo con la bici carica e la catena oliata ma sopratutto ho riposato bene. Una donna si avvicina e mi saluta sorridendo. Non parla francese, cerco di spiegargli la situazione un pò a gesti, e gli chiedo se si può mangiare, fare colazione. Annuisce e mi indica dove andare. Si avvicina un uomo anziano con tanto di turbante, lui parla un pò di francese e riesco a comunicare meglio, è contento che io sia qui, mi dice che mi hanno preparato qualcosa da mangiare e mi invita ad entrare in una delle stanze presenti nel grande cortile, è la sala da pranzo con i soliti tappeti un grande tavolo basso e dei cuscini. Sopra c'è ogni ben di dio, pane caldo, omelette, frittelle, marmellata, uova sode, burro, miele, latte, tè e caffè... resto esterrefatto, ieri avevo saltato la cena e avevo una fame spropositata. Praticamente divoro quasi tutto, la mia colazione dura più di mezzora ma ne valeva la pena. Riparto con tanta energia e la giornata sembra splendida, il vento è scomparso e il sole illumina uno scenario spettacolare.
Come preventivato la sabbia predomina il percorso ma con la luce riesco a gestire meglio le traiettorie cercando le parti più solide dove la sabbia ha formato dei "crostoni" e in qualche modo riesco a pedalare abbastanza. Dalla sabbia si passa ad un grande lago salato in secca e li si pedala decisamente meglio. In lontananza il villaggio di Sidi Ali dove era diretto Alessandro e penso a lui ieri notte in quel dedalo di dune. Questo è anche il punto dove è possibile deviare per il percorso da 800 km, ma questa opzione non mi passa neppure per la mente. Sono le 9.00 mi fermo a parlare con un uomo che scopro poi titolare di un Hotel, eventualmente interessato a me come turista. Improvvisamente arriva Maurizio urlando e correndo con la solita telecamera e dietro di lui Checco e Jarno, che piacere vederli e raccontargli delle avventure della notte prima. Intanto arriva anche Alessandro che non si ferma, saluta e parte subito, io mi trattengo ancora con loro qualche minuto e poi mi avvio anch'io. Quello da affrontare è un pezzo difficile dove incontriamo ancora sabbia, pietre e laghi salati. In questo tratto anche la navigazione con il GPS non è facile, le piste spesso si intersecano e si diramano ed è un attimo sbagliare se non sei concentrato o non controlli frequentemente lo schermo. Ogni piccolo e banale errore è una perdita di tempo per ritornare sulla traccia. Dopo un tratto tortuoso tra di dune di sabbia e rigogliosi cespugli principalmente fatto a spinte, intravediamo le case di un villaggio, Ramilia. Poco prima decine e decine di dromedari al pascolo e io a fare lo slalom tra loro per passare, bellissimo! Al villaggio ci rincontriamo con Alessandro che sta finendo di mangiare in un "ristorante". Anch'io mi siedo e ordino l'ennesima omelette, coca cola e acqua, ormai è un rito, e ne approfitto per mettere in carica il GPS. Il titolare, una persona appassionata di bici, si informa curiosa su cosa stiamo facendo. Saputo del Naturaid ci fa sapere che lui ha partecipato alla Titan Desert lo scorso anno, che passava per il villaggio, e ci fa vedere con orgoglio la sua bici poggiata sul muro... forse noi avremo paura di usarla anche per andare a fare la spesa! Ale riparte prima, io mi trattengo una mezz'oretta, mangio e ricarico le batterie, non solo del GPS ...
Ripartito devo di nuovo affrontare una pista pietrosa poi un lago salato, qualche breve tratto sabbioso e qualche piccola collina da superare. Si fa notte e il paesaggio sconfinato scompare, mi immergo ancora nel limitato mondo che ci offrono le luci, nel buio intorno lascio spazio all'immaginazione, l'impressione è quella di essere circondato da immense foreste con alti alberi, anche razionalmente non riesco a percepire gli ampi spazi e la vastità del deserto. E' una situazione strana ma l'essere solo li in quel contesto mi piace, mi trovo a mio agio, quasi lo stavo aspettando. Mi accorgo che la pista passa per una miniera, si scorgono scavi e cumuli di minerale di barite abbancati sul bordo strada, mi sento un pò a casa. Subito dopo arrivo a Taouz, sono le 22.00 e sono a poco più di 600 km percorsi, poche luci e nessuno per strada. Una voce mi chiama, è Alessandro che esce da un piccolo locale, lui ha mangiato e rifornito d'acqua ed è pronto a ripartire. Li conosco un ragazzo che spiccica anche qualche parola d'italiano, una rarità. Gli chiedo se si trova qualche posto dove è possibile mangiare qualcosa di diverso dalla solite omelette, sto iniziando ad esserne assuefatto, sono disposto a perdere anche del tempo ma sento il bisogno di mangiare bene e qualcosa di diverso.
Gentilissimo mi dice di seguirlo, mi porta in una casa dove mi riceve una ragazza, parla qualche parola di italiano misto a spagnolo con un accento siciliano. Mi racconta che le sue origini sono siciliane ma che poi si è trasferita in Argentina con i genitori e adesso è li in Marocco e lavora nel turismo con l'amico che ho conosciuto poco prima. La casa ha un arredamento quasi occidentalizzato. Una TV 52" accesa e appesa sul muro, tappeti e divani pregiati che circondano una grande stanza, quadri e un tavolo al centro. Anche il bagno, per quanto non pulitissimo, ha un water e un lavandino al posto del classico buco col secchio d'acqua. Sicuramente la ragazza ha messo un pò della sua cultura e ha reso il luogo più accogliente per il turista occidentale. Il ragazzo, Mohamed, mi dice che la madre mi preparerà una specie di Tajne con verdure, pollo e uova, ci vorrà qualche minuto. Perfetto, io intanto dopo un pò di conversazione, mi distendo nei divani e mi riposo nell'attesa e un'oretta lo farò anche dopo cena. E' l'una di notte quando riparto, c'è freddo, adesso c'è un tratto in asfalto, io cerco di spingere sui pedali per riuscire a scaldarmi ma ci riesco solo in parte. Pochi km e si è di nuovo sulle piste, si attraversano altre miniere di barite e poi diversi campi nomadi, alcuni poveri fatti da pali e teli in plastica, altri con le classiche grandi tende scure beduine, altri ancora con grosse tende moderne tipo militare. Intanto il freddo si fa pungente e il dolore al ginocchio dx non mi fa più pedalare bene, metto addosso tutto quello che avevo e proseguo. Inizia ora un tratto sabbioso, mi sto avvicinando al deserto e alle dune di Merzouga che rappresenta un pò il giro di boa, da NE dopo dovremo ripuntare verso SO per ritornare ad Agdz. La sabbia, il dolore al ginocchio, lo spingere la bici, il freddo, forse qualche grado sopra lo zero, molta umidità che sale dal terreno, diventa tutto un supplizio continuo, ormai non riesco a pedalare e anche camminare lo faccio con difficoltà. Zoppico, la progressione è lentissima e la stanchezza prende il sopravvento. Ho bisogno di fermarmi, di riposare, ormai vedo la situazione compromessa anche per continuare, in queste condizioni non andrei lontano. Intorno non c'è un riparo, incontro alcune case ma tutte chiuse e disabitate, dormire fuori con questo freddo è impensabile. Sono quasi le 5.00 e ci sono ancora 2 ore di buio, di freddo e di agonia. Guardo la mappa e vedo un WP chiamato "riparo", devo arrivarci. Ho percorso poco più di 650 km, sono circa le 6.00 quando vedo una specie di cubo, 4 mura in pietra 2x2m, non c'è il tetto ne la porta. L'interno è quasi tutto occupato da un involucro di coperte, vecchie pentole e materiali pieni di sabbia probabilmente abbandonati da nomadi. Cerco di farmi uno spazio, distendo un pò di sabbia per livellare il fondo, tiro il telo e il sacco a pelo e mi butto dentro, ormai penso che non riuscirò più a continuare in quelle condizioni. Cerco di mandare un messaggio a Maurizio per avvisarlo del ritiro, ma il telefono non ha campo. Raggomitolato per scaldarmi mi addormento profondamente.
GIORNO 4
Quando apro gli occhi sono le 10.00 del mattino, c'è un bel sole e la temperatura è decisamente diversa. Tardo ad uscire dal mio "bozzolo", i pensieri che cercano di analizzare la situazione, la mia condizione, la delusione, cosa fare, sfilano velocemente nella mia testa. Mi siedo ancora dentro il sacco e mangio qualcosa. Poi rimetto con calma i materiali sulla bici e mi guardo intorno, non c'è niente, solo sabbie e dune a perdita d'occhio. Controllo il telefono, fuori dalle mura prende, mando subito un messaggio a Maurizio, adesso, rispetto a quanto avrei scritto ieri dove lo avrei avvisato del ritiro, lascio aperta una possibilità, "...devo provare e vedere come va il ginocchio, non so..."
Sto finendo di allestire la bici e da dietro le mura del riparo spunta Maurizio correndo e urlando con con il telefono in mano facendo una ripresa, è dappertutto, incredibile!!! E' arrivato con Checco e Jarno in macchina da dietro il riparo senza accorgermene, guidato dalla mia posizione rilevata dallo spot. La loro presenza mi ricarica l'entusiasmo, anche Alessandro dice che si è fermato stremato qualche km avanti, in un campo tende dove c'erano anche loro. E' appena ripartito, solo Valter e Mirko sono avanti mentre tutti gli altri, parte si sono ritirati e parte hanno deviato per i percorsi più corti. Vengo a sapere che il dolore alle ginocchia non è stato un problema solo mio, non so se rincuorarmi o preoccuparmi ulteriormente! Mi avvisa anche che un tratto del percorso dopo Merzouga è impercorribile, la tempesta di sabbia della scorsa notte ha invaso tutte le piste rendendole impraticabili. Tutti dobbiamo fare una deviazione in asfalto, allungheremo il percorso di una quarantina di km verso nord per poi ripuntare a sud e riagganciarci alla traccia al villaggio di Fezou. Decido di provare a proseguire e riparto.
La città di Merzouga, base per ogni avventura nel deserto che la circonda, dista solo 15 km. Vi arrivo con tranquillità, il ginocchio fa sempre male ma non è paragonabile alla notte prima, il riposo mi ha fatto bene. Entro in città per mangiare qualcosa e rifornirmi d'acqua. Riparto con calma verso le 14.00, adesso ho 150 km di asfalto e penso che dovrei riuscire a gestirmi meglio. Con mia meraviglia pedalo bene, c'è un fastidioso vento contrario ma riesco a tenere una media di 20 km/h e la stanchezza è solo un ricordo, giusto il ginocchio ogni tanto mi riporta a quanto ho patito la notte prima.
Nella città di Rissani incontro Tiziano e Serg, il mio amico svizzero con cui ho fatto il Lazio Trail questa estate, seduti ad un Bar. Hanno deciso di ritirarsi e stanno decidendo sul da fare. E un vero piacere vederli e mi fermo volentieri a bere qualcosa e scambiare quattro chiacchiere.
Sulla 1.000 km ormai siamo rimasti solo in 4, Valter Mirko Alessandro e io. Alla luce di quanto patito il giorno prima e il concreto rischio di ritirami, decido che mi conviene non eccedere e fermarmi di tanto in tanto per mangiare e contemporaneamente riposarmi e dormire quando ne sentivo l'esigenza. Di fatto il sonno sono sempre riuscito a gestirlo abbastanza bene, mi bastava il riposo anche mentre mi fermavo a mangiare per riprendermi bene. Ai 770 km mi fermo a mangiare qualcosa, trovo un piccolo villaggio, dal nome impronunciabile (come molti altri), M'Ssci, il ragazzo al banco mi propone un fantastico Tajene di carne e verdure appena fatto, della frutta fresca, la classica cocacola e un passabile caffè espresso per finire. Sorvolo sul fatto che i tovaglioli e il cestino del pane è rivestito con pezzi di rotoli di carta igienica e lo stesso rotolo me lo porta a disposizione sul tavolo, ma tutto non si può pretendere! Mangio benissimo è riparto carico di energia.
Il buio mi avvolge e decido di mettere della musica a tutto volume direttamente dall'altoparlante dello smartphone con una playlist di musica rock. Pedalo che è una meraviglia! Riaggancio la traccia originaria a Fezzou dove so che c'è Alessandro che si è fermato a riposare. Sono 815 km percorsi, la notte è ancora lunga, sto bene e con la mia musica a palla continuo.
Si riprendono le piste e la progressione non è più così veloce anche per la presenza di alcuni pezzi con sabbia e altri un pò complessi. Ho fatto 860 km e sono le 5.00, inizio a sentire la stanchezza e la fame, a qualche km c'è un villaggio. Mi faccio un pò i conti e decido di fermarmi 2 orette in modo da arrivare ad un orario consono per trovare un bar aperto e fare colazione. Una casetta aperta lungo la strada fa al caso mio e mi sistemo dentro.
GIORNO 5
Sono le 7.00 è ancora buio e sto di nuovo pedalando, mi sento riposato anche se il ginocchio fa sempre male ma ho imparato a sopportarlo. Vedo in lontananza un luce, penso che potrebbe essere Alessandro, accendo lo smartphone e controllo la sua posizione con lo spot e ho la conferma ma è qualche km dietro. Al villaggio arrivo alle 7.30 ma non trovo niente di aperto solo bambini che stanno uscendo per andare a scuola. Proseguo e fortunatamente al prossimo, Ait Saidane, arrivo verso le 8.00 mentre stanno aprendo un bar. Il tipo non ha molto ma riesce a farmi del latte e del caffè caldo, qualche pastina confezionata scaduta, un pò di pane con formaggino, volendo farebbe anche l'immancabile un'omelette ma stavolta lascio stare. Arriva nel mentre anche Alessandro e anche lui mangia qualcosa ma riparte quasi subito, io me la prendo più con comodo. Ho percorso sin qui 870 km, dovrebbero mancarne altri 170, salvo imprevisti dovrei arrivare in serata o comunque sotto i 5 giorni, la cosa mi rincuora, fino al giorno prima non ci avrei scommesso adesso sono fiducioso e carico. Siamo in asfalto e c'è da percorrere dei lunghi rettilinei in piano. Parto con un buon passo, l'intenzione è di raggiungere Alessandro, anche se avrà almeno 20' di vantaggio, e magari procedere assieme. La gamba gira e ho una buona media di 30 km/h. Vedo Alessandro e cerco di aumentare per raggiungerlo. Anche lui aumenta il passo e così inizia una corsa a 35-40 km/h. Lo raggiungo e procediamo assieme, un pò si chiacchiera un pò si pedala ma ho capito che ad Ale gli è scattato il piglio agonistico e vorrebbe prendere il largo, io invece vado a sentimento ma sto bene e tengo un buon passo. Poi piccole fermate per motivi diversi e inizia un alternarsi di posizioni tra me e Alessandro. Intanto il percorso inizia a presentare le prime serie pendenze e la prima è la scalata di uno stupendo canyon, Tizi n'Tanoumright, incassato tra due alte pareti di roccia nera che contrastavano con le aree verdi del fondovalle ricche di palme; stupendo ma allo stesso tempo devastante per le alte temperature al suo interno, situazione che, nonostante le forti pendenze dei tornanti e il fondo pietroso, mi ha messo le ali ai piedi per uscirne quanto prima! Siamo a circa 950 km percorsi, sono le 13.00, il mio stomaco inizia a brontolare e devo trovare qualcosa da mangiare. Poco aventi c'è un WP con indicato "benzinaio", immagino che sia stato messo in quanto ci sarà un punto ristoro. E' così. Mi fermo e ordino qualcosa. Purtroppo non hanno altro che le solite omelette, stavolta mi rassegno, questa dovrebbe essere l'ultima fermata prima dell'arrivo, ci può stare. Controllo la posizione degli Spot sullo smartphon e vedo che sono davanti ad Alessandro che è qualche km dietro, non mi sono accorto neppure di averlo superato ma visto che non tarderà a passare ordino una seconda omelette anche per lui. Intanto metto in carica il GPS, cambio le pile alle luci, ricarico l'acqua nel Camel e mi do una rinfrescata. Arrivano le omelette ma Ale non si vede, contro il suo spot e vedo che è appena passato, forse non ha visto la bici fuori o forse non aveva necessità di fermarsi, vabbè sarò costretto a mangiarmi tutte le omelette e vi assicuro non ho fatto grandi sforzi, anzi c'è passato anche un dolcetto e un passabile caffè. Alle 14.00 riparto carico di energie e pronto alla fatica degli ultimi 100 km. Dopo l'affascinate città di n'Kob, che meriterebbe una visita con più tempo, continuano i diversi terribili passi che mi portano diverse volte tra i 1.200 e 1.400m. All'improvviso mi sembra di conoscere quei luoghi, prevedo le salite, gli scollinamenti, il bellissimo single che scendeva dal passo... poi focalizzo il ricordo, sono già passato in uno dei due viaggi fatti con gli amici di Sardinia Mountin Bike organizzati sempre da Maurizio, circa 10 anni fa, come sempre ricordi forti e indelebili che prima o poi ritornano. Proseguo sempre a buon passo, mi meraviglio di me stesso come mi sono ripreso, ho sempre il dolore al ginocchio (e non solo...) ma ho tutto anestetizzato mentre gambe e fiato invece vanno alla grande. Speravo di riagganciare Alessandro magari per fare un arrivo assieme ma è troppo il vantaggio che ha su di me e di fermarsi mi sa che non ne ha proprio voglia.
Intanto, finiti i passi in montagna, il percorso continua tra villaggi, oasi, palmeti in un susseguirsi di ambienti diversi dai colori spettacolari. Al tramonto ho superato i 1.000 km e sono in asfalto, però la speranza di "finire facile" svanisce quasi subito alla prima deviazione dove riprende lo sterrato. Gli ultimi 20 km sono un sali-scendi continuo attraversando una miriade di piccoli villaggi. Ho odiato quell'ultimo pezzo che mi ha rallentato e sfiancato, sembrava non finire più.
All'arrivo, sono circa le 20.30, vedo Maurizio, Alessandro e tutti gli amici per strada che mi aspettavano. Grande emozione, ancora non mi rendevo conto di quanto avevo fatto, le immagini, le emozioni, le esperienze, i contatti avuti con le persone, tutto girava nella mia testa mentre raccontavo qualcosa all'arrivo ma era tutto un'insieme di ricordi ancora compressi nella mia testa, troppo forti le emozioni, la prima quella di aver concluso questo duro e difficile Naturaid.
4 giorni, 12 ore e 30 minuti, 1.045 km e 6.000 m di dislivello. Alla fine la soddisfazione più grande è non aver mollato in quel terribile momento di due giorni prima. Qui ho poi saputo che solo in 3 abbiamo finito il percorso lungo, stavolta in molti abbiamo patito problemi fisici e altri, come Valter anche qualche situazione di pericolo che l'ha costretto al ritiro quando era in netto vantaggio a soli 100 km dall'arrivo. Mirko è arrivato primo finisher, grande atleta e grande amico. Alessandro è arrivato secondo mezzora prima di me e si porta a casa una bella soddisfazione, considerando che è la sua prima esperienza fuori dalla Sardegna. Ottimo anche Man che ha concluso il suo primo Naturaid facendo ben 700 km e bravissimi anche tutti gli altri, anche chi per vari motivi ha dovuto optare per i percorsi più corti o si è dovuto ritirare. Un gruppo veramente affiatato ha caratterizzato questo Naturaid Marocco Desert 2019, tutti molto preparati e dai quali c'è sempre da imparare qualcosa.
Maurizio ha saputo confezionare quest'anno un evento super, poi lui si è superato nell'essere sempre presente seguendo tutta la gara facendo un super reportage, dando l'opportunità con le sue dirette, i suoi post e le foto sui social anche a chi era a casa lontano, agli appassionati, agli amici, ai familiari, di poter seguire, vedere, sentire questa stupenda avventura e far percepire anche a loro parte delle forti emozioni che è riuscito a far vivere a noi sul "campo di battaglia".
E allora, come direbbe Maurizio, battaglia, bottiglia e bottarga, e un gran Cin Cin a tutti.
E adesso ci aspetta un anno di attesa per il prossimo Naturaid... chissà che sorpresa ci confezionerà Maurizio per il 2020?